The Sand Pebbles

In una carriera durata circa 50 lunghi anni, ricca di composizioni degne di essere considerate capolavori, The Sand Pebbles (in Italia "Quelli della San Pablo") è senza alcuna ombra di dubbio una delle partiture più belle, brillanti, romantiche, avvolgenti e taglienti della filmografia di Jerry Goldsmith.
Datata 1966, e composta per il film diretto da Robert Wise e interpretato da Steve McQueen, Richard Attendborough e Richard Crenna, l'opera del Maestro rappresenta uno dei momenti più brillanti, creativi e personali dell'artista, a distanza ravvicinata con altre creazioni che rappresentano delle vere e proprie pietre miliari nella sua carriera: The Blue Max, pLanet of the Apes o In Harm's Way.
L'interpretazione dei circa 115 elementi d'orchestra, diretti dal grande Lionel Newman e registrati presso gli studi della 20th Century Fox danno vita a un viaggio musicale che raggruppa molti degli elementi più personali e rappresentativi di Goldsmith: la sua spiccata capacità nella creazione di timbriche puntuali e inconfondibili, la stesura di lunghe pagine d'azione cariche di tensione e dense di muscolari interpretazioni dell'orchestra, nonchè la sua innata predisposizione nei confronti dell'oriente, riuscendo a rappresentare le timbriche delle terre asiatiche con una straordinaria naturalezza, senza tentare di emularne il sapore mancandogli di rispetto, bensì creando nuove atmosfere capaci di portare con loro la vera essenza di quelle terre.
Ma The Sand Pebbles non è solamente una meravigliosa partitura, non è solamente una composizione straordinaria che ha ricevuto la nomination agli Oscar, è una fonte inesauribile di emozioni, di passione. L' "Overture" apre con eleganza e maestosità l'opera del Maestro, mettendo a dura prova le capacità della sezione di ottoni, che devono interpetare all'unisono pochi istanti capaci di donare una carica emotiva unica nel suo genere all'opera, per poi sbocciare in un leitmotiv romantico e avvolgente, per poi tornare nuovamente a esprimere l'imponenza della pellicola grazie a una nuova interpretazione muscolare e prorompente. Il secondo brano, "Main Title", è forse uno dei momenti più belli dell'intera composizione, poichè non rappresenta un momento di grande musica, memorabile e capace di catturare l'attenzione, bensì è un crescendo, che sottolinea con una ritmica cadenzata e scandita dalle percussioni orientali l'inizio di un cammino, con un carico drammatico e profondo che lascia un gusto amaro dietro di sè, anticipando come intenzioni alcune delle future opere dell'autore per pellicole ambientate in Giappone e Cina (come in questo caso), per esempio: Tora! Tora! Tora! o The Chairman.
La location è ovviamente una delle principali fonti d'ispirazione per l'autore, che come sempre non risparmia energie e creatività nella stesura di pagine che dipingano l'atmosfera di quei luoghi con estrema precisione, facendo talvolta supporre che Goldsmith fosse in realtà natio di quelle terre.
L'eleganza con cui le pagine scorrono l'una dietro l'altra, passando da leitmotiv dal gusto indubbiamente cinese a melodie molto più occidentali, talvolta romantiche, altre volte più energiche e d'azione, sottolinea ancora una volta come il modo di fare musica per film negli anni '60 e '70 fosse di livello superiore; nonostante i suoi 50 anni, la qualità del suono, la sua profondità, l'interpretazione dei musicisti e la ricchezza timbrica che scaturisce da ogni passaggio può solo che insegnare ai moderni autori di questo settore.
La freschezza di alcuni passaggi, l'intenso dramma che scaturisce dalle pagine più angoscianti, come "Death of a Thousand Cuts", o "Unfriendly Welcome", anticipando ancora una volta lo stile dell'autore nelle sue prove più stranianti come "Il Pianeta delle Scimmie", o il vigore di movimenti come "My Secret", per non parlare delle timbriche di "Coolies Jumb Ship", che brilla grazie a una elegante cascata di percussioni dalle sonorità vibranti, fino alle ultime e dense pagine che contraddistinguono "Final Mission / Commence Firing" o "Fire Aft!". L'opera si rinnova di brano in brano, riesce a tenere sempre viva l'attenzione, e ad avvolgere l'ascoltatore dal primo all'ultimo secondo di ogni singolo movimento.
Si tratta di un'opera unica nel suo genere, che ha ricevuto più di un trattamento, di cui il primo interessante è stato un disco con la nuova incisione ad opera della Royal Scottish  National Orchestra, per poi vedere nel 2002 la prima pubblicazione integrale con le musiche incise nel 1966, edita da Varese Sarabande per la collana Varese Club CD limitata a 3000 copie, nuovamente proposta da Intrada nel 2011 in un doppio disco (senza limiti di tiratura) che offrie alcuni movimenti in più, il brano "Repel Boarders" in stereofonia (nel precedente disco la traccia era Mono) e incisioni alternative.Difficile concludere degnamente un commento a questa immensa partitura, forse una delle più rappresentative del Jerry Goldsmith di quegli anni, e forse una delle più elevate da un punto di vista qualitativo, sebbene meno celebri rispetto a opere scritte per pellicole più famose e di ampia distribuzione.
Ogni edizione di The Sand Pebbles ha qualcosa di unico e speciale, e per questo motivo che se ne possegga una, o due, o magari tutte, si sente costantemente il bisogno di ascoltarla e riascoltarla, per ricominciare daccapo ogni volta che il disco arriva a fine corsa.

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